Diocesi

Confraternite Cisternino
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La configurazione attuale della Chiesa di Conversano-Monopoli costituisce l’approdo di un intreccio di vicende storiche, ambientali, culturali e soprattutto religiose che paesi, casali e contrade, comunità monastiche e conventuali, dominatori laici ed ecclesiastici hanno percorso in un periodo compreso tra il IV sec. e il 30 settembre del 1986.

Il territorio diocesano insiste nel sud-est barese tra i rilievi murgiani e il litorale adriatico al confine tra le province di Bari e di Brindisi e abbraccia 11 paesi: Conversano, Monopoli, Rutigliano, Turi, Castellana Grotte, Putignano, Noci, Alberobello, Polignano a Mare, Fasano e Cisternino (questi ultimi due appartenenti alla provincia brindisina).

La diocesi è suffraganea della sede metropolitana di Bari-Bitonto e fa parte della Regione Ecclesiastica Pugliese. Il vescovo è Giuseppe Favale, nominato il 5 febbraio del 2016, e risiede nella città di Conversano, la cui cattedrale è dedicata alla Vergine Assunta. Patrona della diocesi è la Beata Vergine Maria invocata con i titoli di Madonna della Fonte e Madonna della Madia. Il clero conta 142 tra sacerdoti secolari e religiosi e 17 diaconi permanenti; numerose sono le comunità conventuali e monastiche, e la popolazione si aggira attorno alle 250.000 anime.

L’itinerario storico qui descritto si snoda diacronicamente partendo dalla più antica tra le diocesi impegnate nell’evangelizzazione del territorio: Egnazia, presto cancellata dalle orde barbariche; prosegue con la costituzione delle nuove sedi episcopali in Monopoli, Conversano e Polignano, e le conflittualità giurisdizionali rispettivamente della sede di Monopoli con gli abati benedettini di Santo Stefano di Monopoli, cui subentrano poi i Gerosolimitani, sulla città di Fasano, della sede di Conversano con questi stessi su Putignano, con il monastero nullius di S. Benedetto di Conversano sulla Terra di Castellana, e con gli arcipreti mitrati sulla città di Rutigliano; coglie gli effetti della riforma tridentina soprattutto attraverso la pastoralità dei vescovi nelle visite pastorali e nei sinodi diocesani, e la fondazione dei seminari in Monopoli e Conversano; perviene all’età contemporanea, segnata dalla soppressione della città-diocesi di Polignano nel 1818, e dalla nuova attenzione alla formazione scolastica della futura classe dirigente con il Collegio conversanese, fino al graduale avvicinamento delle due “diocesi sorelle” e alla conseguente unificazione del 1986.

Dall’antica Egnazia paleocristiana alla organizzazione feudale delle Chiese

La sede episcopale di Egnazia, figura documentariamente tra le più antiche di Puglia con la sottoscrizione di Rufenzio vescovo Egnatinus e Ignatinus ai concili romani di papa Simmaco del 501 e 502; tuttavia le ultime campagne di scavo archeologico (2006-2007) permettono di annoverarla, insieme a Canosa, come il sito cristiano più antico tra le diocesi della regione grazie a queste testimonianze giudaico-cristiane rinvenute: una lucerna con raffigurazione della menoràh (simbolo propriamente ebraico, ma assunto anche dai primi cristiani), una basilica del IV sec., sottostante a quella già nota “di Rufenzio” (V-VI secolo), identificata con un’abside a raggiera, in cui è stata rinvenuta una moneta coniata sotto l’imperatore Giuliano l’Apostata (361-363), e ancora un ambiente episcopale attiguo con pavimento musivo. La retrodatazione al IV sec. delle origini della Chiesa egnatina fa comprendere ancor meglio lo scenario della prima evangelizzazione lungo le vie appio-traiane.

La diocesi di Monopoli dalle origini medievali alla fine del XVIII secolo

Quando nel 545, secondo gli storici locali, i goti irruppero nel territorio di Egnazia − ma più verosimilmente durante le incursioni saracene del IX-X secolo −, gli abitanti trovarono scampo riversandosi sul casale costiero abitato in gran parte da pescatori, il Portus Poediculorum, volgarmente detto delle “tane” a motivo delle abitazioni ipogee. Si formò così Monopoli, “la città unica”, con la fusione delle due civiltà, più raffinata ed evoluta quella egnatina rispetto all’altra più rozza, per avviarsi a divenire un importante emporio commerciale.

Nel territorio intanto, in seguito alle persecuzioni iconoclaste orientali dell’VIII sec., approdarono i monaci basiliani, trovando nell’habitat rupestre i luoghi residenziali eremitici; qui svilupparono una civiltà rupestre, affrescando gli ipogei destinati a luoghi di culto secondo modelli pittorici bizantini, che nel basso Medioevo si piegarono al gusto latino. L’iconografia più ricorrente raffigura il Cristo Pantocratore, la Vergine e i santi Giovanni Battista ed Evangelista. Tali testimonianze sono tuttora visibili, nonostante il devastante degrado e l’incuria dei secoli passati.

La sede di Monopoli, espunta ogni produzione apocrifa − ossia la bolla del 611, riferibile invece a Bonifacio IX (XIV sec.), l’inesistente partecipazione di tal Basilio al concilio Lateranense del 649, i vescovi Eucherio e Solperio, e la lettera di papa Stefano del 256 (ma si tratta di refuso dell’anno 756) −, compare per la prima volta nella documentazione dell’aprile 981 unita alla sede di Brindisi e Ostuni sotto il governo del vescovo Gregorio. Tale dipendenza viene ribadita nel sec. XI dai papi Leone IX, Nicola II, Alessandro II e Gregorio VII, e nel 1033 viene citato anche il nome di Leone, vescovo di Monopoli, confermato dall’arcivescovo di Brindisi Giovanni. Ma il 1° aprile 1091 il vescovo Romualdo ottiene da papa Urbano II la piena autonomia di Monopoli, che sarà ribadita dai successivi pontefici e conservata nonostante l’estremo tentativo di Federico II nel 1219 di ricondurla sotto l’arcivescovo di Brindisi.

Romualdo è la figura fondamentale nella storia della Chiesa monopolitana, tanto che il popolo non tardò ad accreditarlo della fama di santità. Oltre ad aver ottenuto l’autonomia della sede, si rese promotore della costruzione della cattedrale romanica, avviandone i lavori nel 1107 con l’aiuto di Roberto Bassavilla, e il cui completamento, di 10 anni più tardi, s’intreccia con il culto mariano dell’icona della Madonna della Madia (XIII sec.) intessuto di elementi puramente letterari: l’approdo dell’icona bizantina sulle coste della città il 16 dicembre 1117 trasportata su una zattera, le cui travi furono utilizzate per la copertura dei tetti del tempio.

Tra il 1085 e il 1088 il conte di Conversano Goffredo, la cui dominazione s’estendeva fino a Brindisi e Lecce, nella sua politica filopapale aveva fondato il monastero benedettino di Santo Stefano a qualche km dalla città, corredandolo di larghe donazioni. A questa munificenza comitale il presule aggiunse la propria, concedendo all’abate Laurenzio la giurisdizione spirituale su Fasano. Di qui l’inizio della conflittualità e della successiva rivendicazione dell’episcopato monopolitano. Il 16 dicembre 1175 l’abate Palmerio riceveva da papa Alessandro III la conferma giurisdizionale su Fasano, come pure su Putignano, città di antica giurisdizione della Chiesa di Conversano; ma in concomitanza con il ricorso rivendicativo del vescovo conversanese, accolto dallo stesso papa nel 1177, anche il vescovo di Monopoli Stefano conseguiva il 10 febbraio 1177 e il 27 febbraio 1180 la conferma giurisdizionale data a Romualdo, ribadita poi il 22 marzo 1231 al vescovo Giovanni con bolla di Gregorio IX, stante il persistente rifiuto di fatto degli abati benedettini.

La giurisdizione tuttavia rimase sempre sotto il governo benedettino, a cui subentrarono con bolla di Giovanni XXII del 13 giugno 1317 i balì dell’Ordine Ospedaliero di S. Giovanni di Gerusalemme, denominato poi di Malta, i quali la conservarono fino al decreto murattiano del 1806 che aboliva tutte le feudalità, e Fasano nel 1811 ritornava sotto la giurisdizione del vescovo di Monopoli.

A distanza di un quarantennio dal breve episcopato di Dionisio di Borgo San Sepolcro (1340-42) − già professore di teologia e filosofia all’Università di Parigi e amico del Petrarca che ne pianse in versi la morte − lo scisma d’Occidente (1378-1417) si abbattè anche sulla Chiesa monopolitana. Al francescano Giovanni de Gallinario, vescovo dal 16 maggio 1373 e poi trasferito a Tricarico nel 1382 con provvisione di Clemente VII e dunque di obbedienza francese, subentrò il canonico suddiacono Giovanni de Petramala, provvisto dallo stesso papa e che nel 1399 sembra essersi insediato sulla cattedra di Ugento; ma contemporaneamente vi governarono il cistercense Francesco Carboni, promosso al cardinalato nel 1384, e l’anno dopo Pietro Caffarino, ambedue di obbedienza romana, perché provvisti da Urbano VI. E tale obbedienza proseguì affermandosi nei successori: Giacomo Palladini l’11 ottobre 1391, poi trasferito a Taranto, e Marco di Teramo il 24 marzo 1400, ambedue provvisti da Bonifacio IX; quest’ultimo presule venne trasferito a Bertinoro (Forlì), da dove giunse Urso Afflitti il 14 dicembre 1404 e alla sua morte, l’anno dopo, il 9 settembre succedette il napoletano Ottone de Mormilis, entrambi con provvisione di Innocenzo VI; alla rinuncia di Ottone, con la nomina di Giosuè de Mormilis, provvisto il 9 marzo 1413 da Giovanni XXIII, prevalse l’obbedienza pisana; legittimato da Martino V, egli sarà trasferito nel 1430 a Sant’Agata de’ Goti (Benevento).

Grande risonanza diocesana ebbe l’evento della consacrazione della cattedrale ad opera di Antonio del Pede il 1° ottobre 1442, con i vescovi concelebranti di Conversano, Polignano, Ostuni e l’abate di San Vito, così come prestigiosa fu la ricaduta d’immagine del vescovo Alessandro Manfredi il quale riottenne l’antico titolo feudale di barone di Cisternino con decreto di Ferdinando I il 30 novembre 1463.

La diocesi di Monopoli dall’Ottocento al Novecento

Nella diocesi di Monopoli con l’abolizione murattiana delle feudalità Fasano, dopo la breve amministrazione degli anni 1808-1811 da parte dell’arcivescovo di Taranto, ritornava sotto la giurisdizione episcopale monopolitana e il vescovo Lorenzo Villani (1805-1822) nel 1811 vi effettuava la visita pastorale, cui fece seguire nel 1815 il sinodo diocesano nella sede episcopale. Inoltre nel 1818 la sua giurisdizione si estese anche sulla soppressa diocesi di Polignano; in tal modo essa si distendeva dai lembi costieri e inerpicandosi da Fasano giungeva sulle colline interne di Cisternino.

Su questo più ampio e popoloso territorio poté dispiegarsi la pastoralità dei successivi presuli, tra cui vanno menzionati Francesco Pedicini (1855-58), trasferito alla sede di Bari, Antonio Dalena (1871-83), già arciprete di Rutigliano e docente nel Seminario di Conversano nonché autore di varie opere filosofico-teologiche, e Carlo Caputo (1883-86), che diede vitalità al Seminario, istituendovi anche un’accademia di poesia e musica con premi annuali, e restaurò l’episcopio, arredato poi dal suo successore Francesco d’Albore (1886-1902).

A Francesco Di Costanzo (1902-1913), promotore degli abbellimenti novecenteschi della cattedrale, subentrò Nicola Monterisi (1913-19). Amico di Romolo Murri e Luigi Sturzo, riorganizzò la pastorale delle anime con l’istituzione di nuove parrocchie rispetto alle 5 originarie e s’impegnò a rimuovere quei superficiali devozionismi che non si radicavano nella fede autentica. Celebre è la sua lettera pastorale del 1918, che venne largamente diffusa e tradotta anche in francese. Trasferito a Chieti e poi a Salerno, la sua dinamica pastoralità fu continuata dai successori, tra cui Antonio Melomo (1927-1940) che nel 1928 cominciò a pubblicare il Bollettino ecclesiastico diocesano, e nel 1934 provvide ad accogliere i salesiani in Cisternino e ad istituirvi l’Oratorio del Sacro Cuore; Gustavo Bianchi (1941-51), che condivise con il suo gregge la tragedia della II guerra mondiale; e infine Carlo Ferrari (1952-1967) padre conciliare del Vaticano II, che diede nuovo impulso pastorale alla diocesi e fu poi trasferito a Mantova.

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La parola del Papa

Voi, Confratelli, prendete opportune iniziative per assicurare la formazione non solo religiosa, ma anche pastorale ed ecclesiale dei vostri Soci, perchè diventino protagonisti attivi dell'azione di Evangelizzazione della Chiesa

— Giovanni Paolo II (Giubileo 1984)